Artemisia e il suo tempo
Il Seicento, il "secolo d'oro", intessuto di mirabili contraddizioni e meravigliose esperienze, vede fronteggiarsi aspramente due mentalità: alle posizioni conservatrici della Chiesa (lo spirito della Controriforma è ancora vivo e operativo nel Seicento, anche in virtù dei nuovi ordini religiosi come i Gesuiti, gli Oratoriani, i Teatini) si oppongono le spinte progressiste intorno alla questione della conoscenza sensibile in quanto premessa alla conoscenza razionale. Sostenitori dell'alternativa naturalista sono Bernardino Telesio (1509-1588), il cui De rerum natura fu messo all'Indice, Tommaso Campanella (1568-1639), costretto per anni in carcere, e Giordano Bruno (1548-1600), bruciato in Campo dei Fiori. Sul loro esempio Galileo Galilei (1564-1642) avrebbe teorizzato il metodo induttivo sperimentale.
Galileo indubbiamente contribuì al sentimento di destabilizzazione che iniziava a serpeggiare nella società europea dell'epoca, il sentimento di un uomo che si sentiva sempre più piccolo, su un pianeta non più al centro dell'universo. Questi infatti, tramite i suoi studi sulla luna e le stelle effettuati grazie al telescopio, aveva visto cose mai osservate prima da occhio umano. Sulle prime, inevitabilmente, l'urto tra il materialismo di Galileo e dell'Accademia dei Lincei e la volontà della Chiesa di mantenere il monopolio sull'interpretazione della natura fu imponente. Le vicende artistiche all'aprirsi del Seicento vedono la fioritura di varie correnti: il Naturalismo di Caravaggio e seguaci, il Classicismo dei Carracci e degli emiliani, l'esperienza barocca di Pietro da Cortona, di Bernini e Borromini; mentre inizia a delinearsi in maniera autonoma la pittura di genere.
Il potere delle immagini, tra sacro e profano
Parlando dell'ambiente artistico romano degli inizi del Seicento non si può dimenticare l'atmosfera conservatrice creatasi in seguito al Concilio di Trento (1545 - 1563). Gli articoli relativi alla disciplina nel campo delle arti visive erano incentrati sul valore didascalico e morale delle immagini, e rifiutavano la presenza di sensualità e lascivie nelle pitture sacre. Però, malgrado tante autorevoli pubblicazioni in merito, la chiesa post-tridentina continuò a tollerare una situazione di fatto molto più ambigua; anzi, una delle caratteristiche che definiscono lo stile barocco è proprio la fusione tra sacro e profano.
Il rinnovato gusto per i piaceri sensuali cresceva con l'avanzare del secolo, mentre assurgeva a valore estetico il sadismo, anzi, più precisamente la contrapposizione tra sensualità, grazia angelica e violenza Lo capì subito Giambattista Marino, celebre poeta napoletano, che ne La Galleria (1619-20), così apostrofava Guido Reni, autore di una gelida, efferata, elegantissima Strage degli Innocenti: Fabbro gentil, ben sai (...) che spesso l'orror va col diletto.
La pittura sacra mai come in questo periodo registra un'impennata di soggetti violenti, truculenti, macabri: la ferocia della tortura forniva un valore aggiunto alla squisita perfezione delle carni. Questa ambigua commistione viene felicemente descritta nel dramma religioso San Bastiano sacra rappresentazione (1608): Ciò che è quasi orribile può esserlo ancor di più quando viene offesa la bellezza.
Il tabù della nudità sacra si scontrava con il crescente desiderio degli artisti di rappresentare realisticamente l'anatomia, e in questo senso Caravaggio operò un'ulteriore sterzata in direzione di un avvicinamento alla realtà sensibile. Artemisia non fece eccezione: il suo repertorio trasuda erotismo e violenza. Si vedano le sue opere più celebri:
- Susanna e i vecchioni, 1610 (olio su tela, Pommersfelden, Schloss Weissenstein)
- Maria Maddalena, 1615 (olio su tela, Firenze, Galleria Palatina)
- Giuditta che decapita Oloferne, 1611-1612 (olio su tela, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte)
- Giuditta che decapita Oloferne, II versione (olio su tela, Firenze, Galleria degli Uffizi)
- Giuditta e la fantesca dopo la decapitazione di Oloferne, 1615 (olio su tela, Firenze, Galleria Palatina)